"Ditele che la perdono per averla tradita" ovvero Sociologia del tradimento

Nella cultura giudaico cristiana, la parola “tradimento” evoca l’archetipo di ogni atto blasfemo, il più grave e importante di tutti: “il bacio  di Giuda”, simbolo del tradimento fatto a Gesù di Nazareth. Gli attori di una dinamica di tradimento sono inevitabilmente il tradito ed il traditore, legati tra di loro da un vincolo solidale che li accomuna, o ancora li unisce: la parentela, l’amore, la fede in un credo, l’amicizia. Questa comunione di intenti viene spezzata da un gesto, una parola, che rompe la circolarità della comunicazione, aprendosi all’esterno, rendendo il rapporto disponibile ad una  nuova dinamica. Questo nuovo equilibrio, per essere veramente innovativo, deve inglobare “tutti i cocci buoni”,  del precedente anello, riunendoli con una nuovo collante. Omologando l’equilibrio sociale, a quello biologico, dell’organismo umano, il tradimento è la variabile sociale, delle mutazioni geniche in biologia. Combinazioni sempre uguali, possono per “errore” auto modificarsi, generando il mosaicismo se non, addirittura, una variazione cromosomica. L’esito di questo “tradimento” biologico potrà essere una nuova patologia ma anche un nuovo adattamento con miglioramento biologico. La dinamica di per sé non è né buona, né cattiva, semplicemente è, e basta. L’utilizzazione di questo cambiamento, la sua trasmissione, la sua reiterazione in generazioni successive, avrà probabilmente un esito positivo, creando una nuova forma del binomio Sistema/ Ambiente che o comporterà una evoluzione positiva o se  incompatibile con l’ambiente metterà a rischio le popolazioni colpite. Un tradimento è, dunque, una trasmissione. Etimologicamente il verbo  radire ed il sostantivo  tradimento  derivano dal latino “tradere”, che significa appunto, trasmettere. Detto questo, possiamo tornare  a Giuda ed al suo bacio.
Il Vangelo riporta:” …verso sera, poi, giunsero Gesù ed i dodici. Mentre mangiavanoGesù disse: sappiate che uno di voi mi tradirà, “uno che mangia con me”
Questa affermazione non ha nulla di dubitativo, anzi è assertiva. Estremizzando l’interpretazione la di può intelligere come un memento “ricordati che domani abbiamo un incontro “
Gesù e Giuda sono legati da una dinamica asimmetrica, quella che, comunque, si crea tra il maestro ed i suoi discepoli. Giuda con il suo gesto, cerca dieliminare questa diversità, cerca la simmetria, l’uguaglianza al suo maestro, vuole essere Lui, e nonostante sapesse che il Cristo si aspettasse quel tradimento, lo compie lo stesso. Nonostante l’avvertimento del maestro, egli ineluttabilmente, offre le sue labbra alla guancia del Nazareno, che non fa nulla per evitarlo. Perché?  Perché senza quel gesto, senza la rottura comunicativa circolare, non ci sarebbe stata evoluzione sociale non si sarebbe compiuta la Parola Divina.  Il tradimento diventa, così, dinamica indispensabile perché il nuovo ordine si compia, è il gesto sul quale si fonda tutta la cristianità. Senza Giuda, senza la rottura che il suo gesto rappresenta, il Cristo non avrebbe mai potuto  terminare la sua missione, per liberare il genere umano. Senza Giuda non ci sarebbe stato né un Golgota, né una Croce simbolo del martirio di Cristo. Visto sotto questa luce Giuda potrebbe essere considerato il primo “vero” martire della cristianità. Il tradimento per antonomasia, l’archetipo di ogni tradimento non ha, dunque, solo una valenza negativa, anzi racchiude in sé  la positività della parola compiuta, l’input della salvezza umana. Ciascundeve qualcosa a Giuda il traditore, oltre che al Cristo  il tradito. Dopo quello di Giuda, crediamo, che il tradimento “politico” decisamente più laico, più simbolicamente importante sia quello di Bruto, che pugnala Giulio Cesare, suo padre putativo. Giulio Cesare, sconfitto Pompeo, diventa estremamente potente, che tradotto in termini pratici vuol dire essere in grado di gestire la cosa pubblica in funzione della propria ambizione. Il timore che questo possa avvenire è la preoccupazione dei congiurati. Per questo decidono che Cesare merita la morte. Bruto, figlio adottivo del dittatore è tra gli artefici della congiura, ed è proprio lui che lo colpisce per dargli il colpo mortale. La leggenda narra che Giulio Cesare, rendendosi conto di quello che stava accadendo, si coprì il volto con il mantello, esclamando “Quoque tu Bruti fili mihii”. Riconoscendo, a Bruto  anche in quel frangente lo status di figlio. La fine di Cesare  avrebbe dovuto significare, nell’intento dei congiurati, il trionfo delle loro idee, l’avvento di un periodo politico repubblicano, ma poco dopo si manifesta il vero volere degli dei , che fanno trionfare il cesarismo, compiendo una specie di “divina vendetta” Anche Bruto e Cassio, periranno, non per mano nemica, ma suicidi come Giuda. Dante li unisce ella Giudecca, mentre pendono dalle tre bocche di Lucifero:“da ogni bocca dirompea coi denti un peccator a guisa di maciulla, si che tre ne facean così dolenti.”                       
La dinamica del tradimento prevede , dunque, per il traditore lì espiazione della colpa. Vale a dire, ottemperato al volere superiore, illuso di compiere un azione dirompente, viene abbandonato ed espulso dal nuovo ordine che egli stesso a provocato. Forse, senza l’omicidio di Giulio  Cesare , l’ordine politico di Roma , non avrebbe raggiunto quella finitezza politica che l’impero riuscì a conquistare, e l’idea di un condottiero che guidi non solo militarmente una nazione non avrebbe avuto tanto seguito.
Ed in amore? Anche nei tradimenti dei sentimenti, la dinamica è la stessa, la letteratura, la storia, le leggende, sono un fonte inesauribile di questa tipologia di tradimento. Come abbiamo detto, anche nel tradimento amoroso, le  figure dinamiche, sono le stesse: l’atto il legame, il traditore, il tradito, diversa è solo l’intensità dell’impatto sociale, che il più delle volte è limitato al microcosmo dei protagonisti. Quello che si vuole ottenere, non è l momentaneo appagamento di un desiderio, il vero tradimento è caratterizzato dal desiderio di ribaltare la propria vita, è pulsione verso il nuovo, è il portarsi verso un immaginario mondo nuovo che appare all’orizzonte. Ma anche in amore è colui che ribalta l’ordine, che “sinceramente” prova a cambiare, che paga il prezzo maggiore. L’abbandonato , ha quasi sempre la comprensione sociale, e la solidarietà, a volte, anche di quelli del “traditore”, acquista così, una identità inaspettata e nel nuovo equilibrio che viene a crearsi raccoglie, di più del vero protagonista. Un esempio per tutti Anna Karenina, che accortasi che il suo capitano, non voleva cambiare nessun ordine prestabilito, decide di espiare la propria colpa, nel solito modo: il suicidio. Bisogna distinguere il tradimento dall’infedeltà. Al contrario del tradimento, ’infedeltà,  non vuole ribaltare gli schemi, né rompere a circolarità statica  dell’immobile conservatorismo, essa è un moto momentaneo, una eccezione, dovuta od a un desiderio, o a paura , o ad incapacità a gestire le situazioni: ci si lascia dominare. Nell’infedele, la dinamica successiva è rientrare nei ranghi, cercando di dimenticare quanto accaduto. E’infedele Pietro quando, rinnega Gesù, e infedele il coniuge che si concede qualche distrazione, prontamente rinnegata, prima a sé stesso, poi agli altri. Sa che, anche se scoperto, riceversa, che una volta tirato il sasso , non può più ritirare la mano, sa che se il tentativo di ricerca del nuovo fallisce deve espiare la propria “colpa”. Ed il destino gli presenterà il conto. Francesco De Gregori, con la sensibilità tipica dei poeti, e rara capacità di sintesi è riuscito a dire tutto questo in un sol verso cantando in “Atlantide”:

“Ditele che la perdono per averla tradita”

Donna tutti si fa per te

Il dire corrente è pieno di luoghi comuni, vale a dire di affermazioni, che vengono riferite, dando per scontata la veridicità, basata su un “ comune sentire”. Hanno una origine nobile, ed antichissima, risalgono, infatti, ai “topoi,” figure della  Retorica di Aristotele,  ed alla sua distinzione dei luoghi della ricerca del vero. Oggigiorno hanno perso molto dell'antica nobiltà, essi riferiscono, in genere, banalità, travestite da saggezza popolare.

Ne ascoltiamo ad ogni piè sospinto, per esempio: i negri hanno la musica nel sangue, di mamma c'è ne una sola, come è triste Venezia.
Vi sono, poi, quelli che riguardano le donne, che da soli riempirebbero interi libri: 
chi dice donna dice danno, donna la volante pericolo costante, un proverbio afgano recita: “se la moglie fosse una buona cosa, Dio ne avrebbe una”, Karl Krais afferma che “la donna è l'inconsistenza nobilitata dall'incoscienza”  Ci fermiamo qui.
Dobbiamo notare, che questo “comune sentire” si perde nella notte dei tempi, Tommaso d'Aquino riprendendo pari pari, Aristotele, afferma che:
“la donna è un errore della natura...., con la sua eccessiva secrezione di liquidi e la sua bassa temperatura essa è fisicamente e spiritualmente inferiore.... una specie di uomo mutilato,  fallito e mal riuscito...la piena realizzazione della specie umana è costituita dall'uomo”
Facciamo qualche considerazione, come mai trasversalmente in ogni civiltà, ritroviamo questi “topoi” che esprimono, la scarsa considerazione verso il femminile?

Come mai all'origine dei mali del mondo, nella tradizione occidentale, vi è  sempre una figura femminile, che provoca disastri immani per tutta l'umanità?

Chi sono le “donne danno”, coloro che hanno portato sulla terra ogni genere di disagio, comprese la morte e le malattie, ci fermiamo alle più famose: Pandora, Lilith, ed Eva, tutte e tre accomunate dalla sorte di aver provocato l'infelicità del genere umano. Conosciamole meglio.
Pandora, il cui nome in greco vuol dire ” pan-doron “ (tutti i doni)  era una fanciulla bellissima, creata da Efesto, su ordine di Zeus, per punire gli uomini, dopo che Prometeo, aveva donato loro, il fuoco rubato agli dei. Esiodo, nelle Opere e i giorni”, così narra il mito:

“Zeus, irato per il furto del fuoco da parte di Prometeo, decise di punire oltre a Prometeo tutto il genere umano, che fino ad allora viveva in una condizione privilegiata, non conoscendo nessun male ordinò ad Efesto di plasmare con l'acqua e l'argilla una figura femminile, ancora sconosciuta agli uomini”a cui tutti dovevano fare dei doni: Atena, occhio di mare, le diede un cinto e l'adornò, le Grazie divine e Persuasione veneranda, intorno al suo corpo condussero aurei monili, le ore dalla splendida chioma, l'incoronarono con fiori di primavera,  e mercurio per volere di Giove , le donò la curiosità e l'astuzia, e l'inganno e la menzogna., le donarono la voce, Zeus, le fece il dono più importante un vaso nel quale aveva chiuso tutti mali del mondo,compiuto l'inganno, Giove ordinò di accompagnare la nuova creature a Epitemeo, fratello di Prometeo, che al contrario del fratello capiva in ritardo, come diceva il suo stesso nome. Costui sebbene avvertito dal fratello di non accettare alcun dono da Zeus, colpito dalla bellezza della nuova creatura accetto il dono.

Prima di allora il genere umano abitava la terra,del tutto al riparo da dolore, lontano dalla dura fatica, lontano da crudeli malattie che recano all'uomo la morte, ma la donna di sua mano, scoperchiò l'orcio e tutto disperse , procurando agli uomini sciagure luttuose. Solo la speranza rimasta sul fondo, rimase, nel vaso, per aver Pandora, cercato di richiudere il contenitore, e altri mali, infiniti vanno errando tra gli uomini.”
Così Esiodo, proviamo a fare qualche considerazione su questo mito.
Pandora, dunque, è la causa di ogni sciagura, ma è veramente colpevole? Lei è stata usata da Giove come capro espiatorio. Decide di punire gli uomini con la bellezza di un nuovo essere a cui aveva fatto donare la curiosità, e l'astuzia, Pandora, come Edipo, è vittima di sé stessa, del suo destino ineluttabile. Vi è una seconda considerazione che sfugge a molti, se all'epoca del furto del fuoco da parte di Prometeo, non era ancora comparsa, nessuna donna tra gli umani, vuol dire che il fuoco della conoscenza fu donato ai soli Maschi.
Il mito così enunciato, non solo, indica nella donna  la causa della perdita dell'immortalità, ma giustifica, anche  nello stesso tempo, il potere maschile sulla gestione della conoscenza e del sapere.
Gli uomini, pur di avvicinarsi al sapere, al fuoco della conoscenza debbono “subire” la presenza femminile come, non solo come ostacolo, ma anche come una vera e propria punizione, e solo gli uomini che come Epimeteo, vedono dopo, possono cadere nella trappola di innamorarsi, salvo a pagare a caro prezzo la gioia della bellezza.
Veniamo ora alla figura di Lilith. Il mito di questa figura è antichissimo risale ai Sumeri.
Lei è identificata come un demone femminile signora della notte. La figura di questa donna è importante nella nostra civiltà, perchè secondo varie interpretazioni, compare nella Bibbia, in Isaiia 34:14, , e dalla descrizione della Genesi, si deduce che fu proprio lei, la prima donna che il Signore, affiancò ad Adamo, con il quale “convisse” nel giardino dell'Eden, ma il menage non fu dei più tranquilli. Lilith, non voleva avere rapporti con Adamo, sempre nella stessa situazione,  non voleva, cioè, essere sempre sempre lei a giacere, ma  anche sovrastare, il maschio. Adamo si rifiutò, e lei, dopo aver invocato il nome di Dio, si dileguò nella notte, finendo con l'accoppiarsi in vari modi con i demoni, generando, demoni, a sua volta.
Le considerazioni su questa figura mitologica sono tante e molto interessanti: Lilith, per prima ripudia il compagno, che così diventa il primo abbandonato dell'umanità, per fare questo però, lei, paga un prezzo molto alto, di essere allontanata dal paradiso terrestre, senza poter chiedere gli alimenti, e per esprimere la propria sessualità costretta ad accoppiarsi, con dei demoni.
La sessualità viene negata alla donna, che non può avere desideri, diversi da quelli del maschio, la sua funzione doveva essere quella di “soddisfare” il compagno incurante del resto.
Questa visione della sessualità, nonostante i millenni e le le lotte di emancipazione femminile, esiste ancora oggi, in maniera subdola in ogni strato sociale, salvo a diventare un codice di comportamento nelle società mafiose, così come a descritto egregiamente Roberto Saviano, nel suo nuovo libro. Il maschio mafioso deve, sovrastare sempre la donna, con la quale non avrà né rapporti anali, né orali, perché non sono “degni” di un vero uomo.
Società violente, ancestrali nei comportamenti, ci riportano pari pari, al mito di Lilith ed alla sua pericolosa ribellione. Il racconto mitologico, atemporale, senza spazio, è immutabile, e come quasi sempre, fornisce la spiegazione di comportamenti umani, sia singoli, che di interi gruppi. Il mito è sempre attuale. 
Torniamo ad Adamo, l'abbandonato, di certo non poteva rimanere, solo,  e sebbene mandò, tre angeli come messi, a Lilith, lei rispose che non poteva più tornare, perchè oramai, aveva generato demoni.
Non sappiamo in che termini rivolse la richiesta, al Dio Signore, e se fu sua l'idea, o il Padre Eterno,nella sua immensa bontà,  dopo averlo, fatto appisolare, dalla sua costa genera  una seconda donna: Eva. Al suo risveglio, Adamo si trovò  vicino, questa nuova compagna, con la quale condividere l'Eden, ma dobbiamo ritenere, che a Dio Padre, le donne non riescono proprio bene. Difatti questa era sicuramente sessualmente più morigerata, ma aveva qualche altro difetto, era credulona, e curiosa. Credulona, perché  si lascia convincere da un serpente, che  Dio era geloso di loro, per questo aveva proibito loro di mangiare il frutto proibito, curiosa perché volle sperimentare questa teoria, mangiando il frutto proibito, non solo, ma convincendo anche Adamo, a mangiarne.
L'ira del Signore non si fece attendere, Adamo cercò di scusarsi, accusando Eva, che a sua volta, accusò il serpente. Morale della favola, cartellino rosso, fuori tutti, non solo, per punizione Dio Padre, dice alla donna che per questo suo gesto dovrà “partorire con dolore”.
Tutto si compiuto, l'umanità conoscerà, morte, fatica  e dolori e dolore del generare.
Interessante è nel racconto biblico la punizione a dover partorire con dolore.
Vediamo perché.

Ci chiediamo il racconto mitologico, espressione simbolica per eccellenza è sempre stato così  negativo nei confronti della donna?
La risposta è no, quando la società era agli albori e la struttura sociale più semplice, la donna espressione, con la maternità dello “stupore di esserci” aveva per la donna il massimo della considerazione. La fertilità femminile omologata alla fertilità della terra erano la massima espressione di vitalità e prosperità. Nella fase della non conoscenza biologica,il corpo femminile, era il substrato del tessuto sociale. Le rappresentazioni delle Veneri steatopigie, , il triangolo, simbolo dei genitali femminili, sono non un espressione volgare, ma al contrario, forme di devozione, verso la maternità. Le prime tumulazioni, vengono effettuate sotto forma di ventre gravidico, sovrastate da un asta, che rappresentava l'ombelico.
In quel periodo, la società fioriva perchè basata sulla cooperazione, sia nell'allevare  la prole, che nel coltivare i campi. Il parto era espressione serena della sessualità femminile, e della “libido materna”, indispensabile nel genere umano, mammifero neotenico.  La neotenia è quel fenomeno, per il quale, la madre del cucciolo di uomo deve prendersene cura, poiché al contrario degli animali che nascono già capaci di iniziale autosufficienza già da alcune ore dopo il parto, la mdre di un bambino deve prenderne cura, perchè il cucciolo di uomo deve ancora imparare tutto, prima di rendersi autonomo. Queste considerazioni sono avvalorate dagli studi antropologici, supportati dall'archeologia preistorica, che di questi passaggi trova prove in quasi tutti i siti studiati. Illuminanti in questo senso i lavori della Gjmbutas, oltre a quelli già datati di Bachofen, che allo studio della grande madre dedicò quasi tutta la sua vita.
La complessità sociale, la nascita di strutture economiche e politiche, la scoperta  del baratto, e del commercio, fanno perdere alla maternità ed al parto la sua iniziale libidine innocente. Così come il grano si poteva non coltivare, ma comprare, scambiare, la maternità omologata alla terra, perde il suo valore primigenio, diventa una maternità educazionale, in senso piramidale, i figli vanno cresciuti, non seguendo i loro bisogni, ma quelli che la crescente potenza, della società patriarcale imponeva. La paternità, abbiamo già scritto, è il surrogato sociale della maternità, esse impone delle distribuzioni piramidali, per cui i figli nascono già, o soldati o schiavi. Tremenda cosa è ribellarsi al potere paterno, le madri diventano solo “riproduttrici”, e assumono importanza sociale, in virtù di questa loro specificità, in funzione del posto occupato nella piramide, dai loro figli. Per poter esercitare questo potere, il patrircato doveva necessariamente svilire, l'atto materno e sessuale dopo,  la donna non poteva godere a pieno della propria corporeità, ma metterla al servizio del potere.
E per mortificarsi ancora di più deve partorire con dolore.
Ecco come il viaggio ontologico della evoluzione della maternità devia a favore dell'ambiente
Nascono così, insieme alle civiltà complesse i miti delle “donne danno”
Ora non voglio farvi ricordare, tutto questo, ma la prossima volta che dite “p****na Eva”, magari pensateci, … così distrattamente

..di quell’amor, quell’amor che palpitò, croce e delizia... ovvero Antropologia dei gesti amore

La quotidianità nasconde sia per i gruppi, che per i singoli, tracce del nostro passato, segniimpercettibili, di un processo evolutivo, da sempre attivo e sempre in continua trasformazione. I nostri comportamenti, le nostre reazioni, l’atteggiamento verso lo straniero, un folla di fans , o di tifosi allo stadio, ripete senza saperlo rituali antichi quanto l’umanizzazione. Noi abitualmente compiamo dei gesti,  e tutti i gesti convenzionali, sono la ripetizione reiterata di un messaggio.  Intendiamo per "convenzionali" i gesti comuni ai più e la cui interpretazione è univoca, per questo convenzionale. Per esempio muovere la mano alzandola all'altezza del viso quando ci si lascia è una forma di saluto confidenziale, serrare le mascelle stringendo i pugni, rimanda senza dubbio ad un sentimento di rabbia Lo stesso vale per altre forme di comunicazione convenzionale anche più complesse. L'atto comunicativo in questo modo definisce una intenzione circoscritta ad un solo rimando.
La nascita dei gesti convenzionali ha consentito la conservazione di una forma primordiale "eziologica" del messaggio che ha ricevuto successivamente infrastrutture culturali senza perdere il primitivo significato. La nostra  definizione di “etiologia dei gesti,” esprime la  teoria che esiste un nesso evolutivo per l’inizio di un comportamento o di una gestualità, che assume in seguito forme più complesse, ma che è riconducibile a comportamenti primordiali successivamente evoluti  Questa opinione non è stata condivisa da tutti. Margaret Mead, e gli altri “antropologi del bisogno” per esempio, sostengono la non universalità del significato dei gesti che noi abbiamo chiamato convenzionali. La "querelle" culturale è antica, parte dal lavoro di Darwin "L'espressione delle emozioni”, sulla universalità dell'espressività facciale come prova della evoluzione.

Noi riteniamo che il lavoro dell'autore inglese illumini maggiormente non solo la teoria della evoluzione, ormai, a nostro avviso  inconfutabile, ma spieghi anche l’evoluzione sociale e culturale. Spesso si dimentica l’aspetto biologico che precede ogni qualsivoglia forma di sovrapposizione culturale. Prima la fisiologia “deinde” la filosofia, il perfetto funzionamento dei neuroni e della funzionalità ti consente tutte le altre attività. Per questo motivo i gesti convenzionali hanno una valenza oltre ogni sovrastruttura culturale . Questa significazione va ricercata al momento del passaggio dalla fase biologica pre - umana, a quella ricca di significati culturali propri della forma organizzata e sociale. Dice molto bene Canetti in "Massa e Potere" che le forme comunicative del comando e la "spina" che le attiva, sono la reiterazione del primo comando ricevuto in assoluto: il “ruggito dei leone" che annunciandone  la presenza imponeva la fuga o la morte.

Obbedire ad un comando equivale, quindi, ad obbedire al proprio istinto di sopravvivenza grazie alla sublimazione culturale del biologico istinto di fuga. Molti dei nostri gesti convenzionali sono "spie" di questo passaggio, noi abbiamo delimitato il nostro studio ai gesti d’amore. La gestualità dell'approccio sessuale e della seduzione ha un suo codice ben preciso come già sottolineato da Ronald Barthes, in “Frammenti di un discorso amoroso”, codici che sono il risultato del processo di sovrapposizione culturale che nel corso del tempo li ha stratificati, Vale a dire dedicare una serenata al chiaro di luna, come si faceva prima, o un disco alla radio locale, come avviene oggi, ha lo stesso significato in un diverso contesto storico e/o sociale. Noi vogliamo considerarne, invece l'aspetto antropologico. Il “primum movens" è segnato in due  tappe del processo evolutivo che hanno caratterizzato la specie umana: la perdita dell'estro da parte della femmina dell'uomo,.e il bipedismo.
Essi sono alla base non solo alla nascita della sessualità, ma anche dei processi culturali. Vediamo come e perché.

Analizziamo per prima i cambiamenti fisici: bipedismo, e sviluppo  anatomico dei bacino. I principali cambiamenti di comportamento legati alla evoluzione della postura sono legati all'uso degli arti superiori a scopi diversi dalla deambulazione. Poter usufruire delle mani, ha consentito la nascita dei manufatti dei primi artefizi, ma anche della possibilità di usare il tatto a scopo di conoscenza e a scopo di comunicazione. Significa, la nascita delle carezze, dell’esplorazione tattile dell’altro, dà la possibilità di manifestare unione, prendersi per mano, ad esempio,aprire le braccia per “accogliere l’altro” Una conseguenza ulteriore del bipedismo,  è la possibilità di avere rapporti sessuali in posizioni diverse, fatto che ha sviluppato varie gestualità di approccio e di seduzione. Il cambiamento più importante è stato senza dubbio la perdita  dell’ ”estro”: mutazione che ha coinvolto la genitalità e quindi la riproduzione della specie. La perdita dell'estro implica due cose importantissime: La scissione della funzione riproduttrice dalla genitalità ,nascita  della sessualità, ed inoltre nella prima fase del processo di umanizzazione, la perdita dei nesso sessualità-fecondazione.

Tutto ciò è alla base dello sviluppo della cultura, con i processi di interpretazione dei misteri legati al ciclo nascita morte, nascono i miti, le religioni la cultura. La perdita del nesso estro- copula, fa evolvere la specie umana, che può così avere rapporti al di fuori della necessità biologica riproduttiva. Questo cambiamento non è di poco conto, basta pensare alla resistenza verso la pillola anticoncezionale.  La posizione  cattolica del rifiuto dei presidi contraccettivi, in realtà riporta, la specie umana in fase pre evolutiva, tutti dovrebbero accoppiarsi solo per la riproduzione. Per secoli, è stato peccato avere rapporti con la propria moglie, se questa era notoriamente sterile, per secoli … sono state sterili solo le donne . Torniamo all’”etiologia dei gesti”   Il processo di umanizzazione si evolve dopo questo evento, poiché per poter sopravvivere, la specie ha dovuto adeguarsi sostituendo i messaggi biologici con  "sinonimi culturali".

Vale a dire l'estro si annunciava con segnali biologici: perdite ematiche, iperpigmentazione dei genitali, emissione di ormoni che lasciavano identificare la femmina in "calore", di contro il maschio compiva tutta una serie di gestualità che avevano il compito di comunicare non solo la propria disponibilità, ma anche la propria "valentia", per essere prescelto per la copula. Persi questi segnali, ma avendo acquisito l'uso delle mani, della voce e la possibilità di copulare in maniera diversa, i nostri progenitori inventarono quelli che abbiamo già definito i sinonimi culturali. 

Secondo alcuni autori, in questa fase dell’evoluzione nascono i belletti. Pare, secondo questi ricercatori, che le nostre antenate, durante la fase dell’estro fossero particolarmente accudite dai maschi, che procuravano loro maggiori porzioni di cibo,  le femmine svilupparono  la possibilità di rendere iperemici i genitali, per attirare i maschi e ricevere… attenzioni e …cibo. Nasce così la seduzione, da questo momento in poi tutti i gesti d'amore i riti, i ritmi, ogni moto legato all'amore saranno per sempre la “reiterazione sinonimica” del primitivo messaggio biologico di disponibilità genitale, da parte della femmina, e di capacità riproduttiva da parte del maschio.

Oggi la disponibilità e la valentia sono legate ad altre manifestazioni, ma secondo recenti statistiche le donne scelgono ancora  in funzione, della capacità riproduttiva del maschio, perché il bisogno di riprodursi, anche se nascosto è la prima necessità biologica. Nonostante un era ipercomplessa, ipertecnologica, post moderna, si continuano a produrre tonnellate di baci di cioccolata, a mandare rose rosse, e ascrivere canzoni al chiaro di luna, anche se sappiamo bene che questa altro non è che un insieme roccioso di valli e crateri, senza alcuna attrattiva romantica.

L'universalità di questi messaggeri culturali, la loro identica significazione sotto ogni latitudine sono la prova dell'ancestrale bisogno che ogni volta si verifica e come, per magia ogni volta è sempre la prima volta. Ogni volta quei gesti ristabiliscono i codici e ripetono la disponibilità all' unione.
Pensateci e soffrite insieme a me quando sentite il ragazzotto che con “aria ganza” chiede agli amici: “Che si fa, si acchiappa stasera?” Darwin, l'evoluzione, Eva, la seduzione, Catullo, Saffo, Dante, gli stilnovisti, Werter ed i suoi dolori, i Ronald Barthes, e i suoi codici, Paolo e Francesca, i lucchetti dei paninari, tutto questo riassunto in che si fa si acchiappa?

 

Cuore di mamma

La maternità è un evento complesso che interessa non solo il fisico, ma anche la psiche, è l'evento che superando il mero fatto biologico, ha consentito lo sviluppo dei primi nuclei della società. Essendo un fenomeno universale si è evoluto anche, da un punto di vista psicologico creando un immaginario collettivo a cui ancora oggi si fa riferimento. Il complesso fenomeno della maternità, sebbene condizionato da funzioni istintive, ormonali e fisiologiche, è molto ricco di implicazioni di pensiero e di emozioni.
E' una dinamica continua che si instaura sin dal primo giorno di amenorrea, e non si esaurisce con il parto, ma continua ben oltre. Questo aspetto è riportato non solo nel mito, ma anche nella cultura popolare. E' nota, anche perché celebrata in una canzone del cantautore brasiliano Caetano Veloso, la storiella dell'innamorato pazzo che, per dimostrare il suo folle amore, uccide la mamma  per regalarne il cuore alla cinica donna amata, mentre fuggiva inciampa, cade, e ode la voce della madre che gli dice: ”ti sei fatto male , figlio mio?” E', questa storia, la celebrazione di un luogo comune, ma rende l'idea di quanto sia profonda la stratificazione che vuole esaltare questo aspetto della dinamica materna. Infatti la maternità ha due componenti: l'istintualità,derivante direttamente dalle strutture corporee, e “il comportamento amorevole” derivante dall'ethos che si stabilisce con l'ambiente.
L'istinto, mentre è facilmente riconoscibile nei suoi aspetti superficiali, quelli di origine biologica, che sono esplorabili biochimicamente, diventa di difficile interpretazione, nella componente emozionale/psicologica, dove al massimo può essere rivelato da manifestazioni di carattere psicosomatico. E' questa la componente di origine animalesca, radici che sono state coperte da sovrastrutture culturali, ma che ogni tanto affiorano in maniera evidente. Il “comportamento amorevole” è, invece, chiaramente espresso in ogni avvenimento della maternità; esso è l'espressione della  trasformazione e della sublimazione: l'istinto, l'aggressività, la sessualità, si evolvono diventando tenerezza, cure, calore, e donazione. Quando è corretta, questa tendenza si esprime non solo verso il proprio figlio, ma verso chiunque possa essere oggetto delle sue attenzioni. Questa funzione dona al  genere femminile, la particolarità di trasformare gli istinti in gestualità di amore, in quello che abbiamo definito “comportamento amorevole”.
Gli psicologi hanno dimostrato, che ad ogni tappa della vita corrispondano delle correlazioni psicosomatiche, espresse come dinamiche atte a incorporare, trattenere, eliminare. Tendenze, queste presenti, nel parto, nel coito, ed anche nell'atto del succhiare del poppante. L'equilibrio di questi processi garantisce il regolare sviluppo psicosomatico. Viene così, chiarito, che la distinzione tra istinto di maternità e istinto di sessuale è solo un artificioso problema. Non esiste una netta divisione tra le due dinamiche. L'istinto verso la maternità, fondamentale per la conservazione e l'evoluzione della specie, si serve dell'istinto sessuale ed il “provare piacere” è utile all'atto riproduttivo. La mancata armonia tra queste due fasi degenera in forme patologiche del comportamento.
Fattori sociali, economici, e culturali, hanno sempre avuto una importante funzione, nella dinamica generatrice. Può succedere che fattori che favoriscono l'aspetto razionale entrino in conflitto con quelli emozionali, dando origine, così, a conflitti interni. Si perde il giusto rapporto con l'ambiente che circonda. Il sistema, infatti, è la nostra realtà interna, ed il non riconoscerla  non consente un esatto rapporto con l'ambiente esterno. E' stato, infatti, il cambiamento dell'ambiente esterno che ha condizionato e fatta sviluppare la dinamica della maternità. Mi spiego: la  fine del randagismo è coinciso con lo sviluppo delle società residenziali e del “ comportamento amorevole”. Gli animali della scala inferiore evolutiva, nascono con una istintualità accentuata che consente loro le funzioni vitali principali, ed una capacità di apprendimento ridotta, rispetto ai nostri neonati, che invece hanno bisogno di ogni genere di cure. Ma con una potenzialità di apprendimento tutta da esprimere, che necessita delle cure materne. Per questo la donna più di ogni altra specie di femmine può godere del  sentimento materno ed ha la possibilità di esplicitarlo, anche se non ha mai partorito.
La possibilità di tenere, dentro di sé il feto,  al caldo e protetto, ha generato tra madre e figlio, numerose relazioni fisiologiche che persistono anche dopo la nascita. Mentre le femmine della scala biologicamente inferiore, sono guidate dalla sola relazione istintuale, che porta a proteggere i piccoli fintanto che hanno bisogno di aiuto, le dinamiche tra madre e figlio nella specie umana, sono diventate così complesse e altamente organizzate, che hanno portato al concetto  di maternità così come noi oggi lo viviamo. La differenza tra le manifestazioni istintive della maternità animale e quella umana è data dal fatto che le prime agiscono come un processo fisiologicamente determinato, mentre quelle umane sono la risultante di questo aspetto  più un processo psicologicamente evoluto, sollecitato da spinte culturali e sociali. Sia il semplice istinto, che la complessità del “comportamento amorevole” sono indispensabili alla funzione riproduttiva, entrambi richiedono un ritorno parziale ai modelli organizzativi dell'infanzia. Quando, questa regressione si spinge oltre l'ontogenesi,  risale lungo le tappe della filogenesi, il comportamento della madre umana assume valenze patologiche, come quando  l'istinto materno non esisteva. E' ciò che accade alle psicotiche, che rifiutano in maniera così evidente la gravidanza, che non sono disposte in alcun modo a prestare assistenza alla loro prole. regredendo  a quando non esisteva “il comportamento amorevole”.
Superficialmente, questa dinamica, può pure apparire come rifiuto della gravidanza in toto, essendo la donna l'unica a godere del privilegio di poter decidere di diventare madre o semplicemente di desiderarlo di esserlo. Concludendo il comportamento materno non è riconducibile ad un modello prefissato, identico in tutte le situazioni, ma include un sentimento che può esprimersi tanto più se risulta ricco di caratteri umani relazionati  alle condizioni ambientali e biologiche nelle quali esprime istinto ed affetto, che in una unità sola rappresentano la maternità. Per dirla semplice: “Chi tiene mamma nun chiangne!"

 

Il corpo e le sue rappresentazioni

Il corpo e le sue rappresentazioni

La caduta della foglia di fico

E’ indubbio che dopo Copernico, Darwin con la sua teoria ha apportato la più sconvolgente delle innovazioni culturali, non  a caso il fisiologo tedesco Dubois- Rejmod, lo definì “Il Copernico del mondo organico".
Con Darwin, cade la foglia di fico di Eva, e con essa l’idea del mitico Eden. L’umanità si ritrova sconcertata, che fare del serpente? E della disobbedienza? Nessuno ha il coraggio di dire ad Adamo che dal suo costato non è mancato mai niente. Forse la perdita del Paradiso  è stata decisa altrove…o chissà, la buona borghesia dell’epoca si interroga sgomenta.: “che fare? sarà mai vero, se è vero però, meglio non dirlo in giro.” Quel Charles ha tolto all’uomo l’unica vera foglia di fico: la convinzione di essere il figlio prediletto di un Padre troppo importante, a cui per riconoscenza aveva  dedicato una pratica  nuova: la religione.
Con la sua opera “L’origine della specie”, pubblicato in prima edizione nel 1859, Darwin ha aperto nuove frontiere  del sapere scientifico, facendo assurgere la biologia a perno di ogni sapere scientifico, dimostrando che ontologicamente ogni agire è iscritto nella potenzialità della biologia. Questo mutamento comporta un nuovo statuto del corpo, non più monolite legato alla considerazione fideistica, ma organismo biologicamente e psicologicamente in continua mutazione.
Il corpo è una vera “tabula rasa” dove pensieri e azioni si iscrivono e si rimuovono in una continuo trasformarsi. Tutte le principali teorie della conoscenza riconoscono come fatto inconfutabile che il Sé si costituisce originariamente grazie a esperienze corporee. Lo stesso Freud, sia in “Io ed Es”, sia nei “Tre saggi sulla teoria sessuale” esprime la convinzione che il rapporto di ciascun individuo con il proprio corpo rimane fondamentale per tutta l’esistenza. Significa che il corpo in ogni momento riassume in sé la  sua storia e può riattivare conflitti e angosce che ripetono situazioni del passato sebbene inserite in nuovo contesto.
Il bambino apprende lo schema corporeo fin dalle primissime fasi, e ha come premessa insostituibile l’esperienza sensoriale nella sua dinamicità. Si può sicuramente affermare che lo schema corporeo, costituito da esperienze somatiche specifiche con proprio riferimento anatomo cerebrale, rappresenta il fondamento della identità e si colloca alla base della coscienza del sé.
Il corpo è la nostra prima manifestazione di comunicazione, e a parte la gestualità, molte altre forme di espressione avvengono attraverso il corpo, utilizzandolo come un vero e proprio “medium”. I canoni della bellezza vengono espressi attraverso le forme che il corpo può assumere. Per i popoli precolombiani, per esempio, lo strabismo è un  valore estetico importante, per cui ai bambini, fin dalla più tenera età, per far convergere lo sguardo viene applicato sulla testa un copricapo che lascia pendere una pallina tra gli occhi che fa deviare lo sguardo per ottenere l’effetto desiderato.
In nuova  Guinea il popolo Ibitoe ha  in uso di far indossare ai giovani una cintura così stretta da ottenere un “vitino di vespa”, tanto che deve distinguere, in maniera evidente, il tronco dal resto del corpo. Una “vita” così è indice di particolare bellezza, e i maschi che hanno queste caratteristiche sono particolarmente ricercati. Lo stesso vale per i tatuaggi, utilizzati in ogni forma dalla quasi totalità dei popoli  sin dagli albori della umanizzazione; essi indicano appartenenza, esprimono coraggio, e anche la clitoridectomia, al di là di ogni giusta critica, è una pratica corporale che comunica una appartenenza e purtroppo una sudditanza.
I tatuaggi sono stati ripresi dai nostri giovani che ne hanno fatto una moda,  lo stesso peercing  è una pratica corporea, che comunica appartenenza, tutte ci dicono che il  corpo è utilizzato per comunicare proprio come un foglio,  perché ci appartiene. Questo presupposto culturale è stato dilatato tanto  che ci sono artisti che hanno scelto  il proprio corpo come “materia” da plasmare.
Nasce così alla fine degli anni sessanta la Body Art, corrente artistica che ha rivoluzionato il modo di pensare l’arte, in cui per esprime un emozione, manifestare una condizione, non si usa una trasformazione o una interpretazione di realtà esterne, ma il proprio corpo. Capofila della “body art” è l’artista francese Orlan, che si è sottoposta dal 1964, a una seri e di interventi di chirurgia estetica  allo scopo di “deformattare” il proprio corpo.Lei è la principale interprete europea di quello che  è stata anche definita  “l’arte carnale”. Le sue operazioni chirurgiche sono mirate a ottenere una ridifinizione facciale e corporale diversa, la ricerca di una metamorfosi surreale, in cui il vero e il verosimile si sovrappongono, diventano una sola cosa, dove l’irrealtà incontra la realtà per creare una nuova verità.
Il cambiamento fisico deciso in maniera cruenta  diventa così  un pensiero che si fa forma, ma forma fuori dagli schemi, facendo diventare “verbo” la carne. In questo modo il monolitismo corporeo derivato dalla tradizione cristiana viene completamente rivoltato. Questo concetto di proprietà del proprio corpo ha antropologicamente dei limiti, il nostro corpo è sì il nostro indice di inserzione alla realtà, ma è anche l’estraneo a noi più vicino.
Quando noi diciamo ”il mio corpo” affermiamo contemporaneamente due cose: un possesso e una estraneità. Il possesso sottolineato dall’aggettivo mio stabilisce la proprietà, l’indiscutibile appartenenza, ma  proprio questa affermazione sottolinea l’estraneità del corpo stesso. Quando noi asseriamo prendo il mio fazzoletto, affermiamo che quell’oggetto ci appartiene ma è fuori di noi, oppure: vedo il mio braccio significa che vedo fuori una cosa che mi appartiene. Vogliamo dimostrare che ontologicamente mio è diverso da io. La funzione cognitiva precede quella oggettiva. La funzione cognitiva esprime le categorie, la realtà oggettiva le descrive. Questo per dire che il viaggio non deve essere solo intorno al corpo, ma dentro noi stessi, ed è come sappiamo l’ispezione più difficile e a volte dolorosa. Darwin ha aperto la conoscenza a nuove dimostrabili verità, poi anche di lui hanno abusato facendo lo diventare il titolo di una banale trasmissione TV, poverino! Ciao Darwin… non ci fare caso, va così.

 

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